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Botanica e agronomia
Sommario

Sebbene siamo soliti chiamarle “piante da interno”, a volte dimentichiamo che queste amiche nascono, vivono e crescono in natura, in un ambiente naturale e aperto. Così hanno fatto per milioni di anni e così si sono evolute in questi tempi.

Ho imparato in questi anni che assecondare la natura conoscendo le condizioni native delle piante che alleviamo in casa è la migliore linea guida generale per non commettere errori.

Il beneficio che le piante da interno possono ottenere dallo spostamento in esterna durante la stagione calda, credetemi, è impareggiabile. Sono un grande fan delle “vacanze primaverili/estive” delle nostre amate piante da interno, vi spiego ora perché e soprattutto come muoverle dalla casa all’esterno senza causare loro stress attraverso un processo che gli anglosassoni chiamano ‘harden off’ e che in italiano potremmo tradurre piò o meno letteralmente con ‘indurimento’, ‘irrobustimento’ o ‘acclimatamento’. Nonostante i vantaggi dell’aria aperta, sottovalutare il passaggio in/outdoor o effettuarlo in maniera superficiale o errata, può causare gravi danni alle nostre piante tropicali.

Qui di seguito andrò quindi a spiegare come sono solito procedere ogni anno e quali sono gli accorgimenti da adottare per ottenere il massimo risultato spostando le piante da interno all’esterno.

Questo procedimento lo possiamo adottare sia per piante da appartamento ma anche per plantule appena nate in semenzaio (ad esempio io sto portando fuori le piccole piante di basilico che hanno germinato qualche giorno fa), talee in fase di radicazione, avocado in idroponica, ecc.

LE PIANTE DA APPARTAMENTO POSSONO VIVERE ALL’ESTERNO?

Diverse persone mi chiedono se le piante da interno possono vivere all’esterno: io rispondo sempre che le abitazioni umane esistono da 6.000 anni circa mentre le piante vivono sul piante Terra da quasi 400 milioni di anni. Tirate voi le somme 😉

L’altra obiezione più frequente è quella dei parassiti, che mi trova parzialmente d’accordo. Anche se ritengo che i benefici dell’outdoor superino di gran lunga il rischio di contaminazione da parte di un parassita (che nel 99% dei casi è controllabile efficacemente) c’è poi un discorso di ragionevolezza. Anche mia figlia potrebbe incorrere in un raffreddore uscendo a giocare in giardino ma rinchiuderla in casa mi fa sentire come quelli che non prendono l’aereo per paura che cada.

Ci sono poi a questo proposito delle regole da seguire anche quando riporteremo le piante in casa al termine dell’estate ma ne parleremo quando sarà il momento. Ci consentiranno di evitare che eventuali parassiti vengano trasportati dalle piante entro le nostre mura domestiche. Per adesso fidatevi di me!

Il problema più grande nello spostare le piante tropicali outdoor è che ne sento la nostalgia quando sono in una stanza prima “junglosa” e poi priva o quasi di verde; è davvero bruttissimo, ma possiamo anche scegliere di far turnare un poco le piante o di spostare solo quelle che vogliamo spingere di più.

PERCHE’ LE PIANTE DIVENTANO COSì RIGOGLIOSE QUANDO CRESCONO ALL’ESTERNO?

Le ragioni sono diverse e cerco di ricordarle tutte; se mi dimentico qualcosa o se la vostra esperienza vi ha condotto a conclusioni diverse dalle mie scrivetemi nei commenti (che leggo sempre volentieri).

Kiss the rain …

Il primo fattore di beneficio è la pioggia. Yes, la pioggia è una benedizione per le piante: è la migliore delle acque che possiamo fornire loro. Guarda caso è proprio quella che la natura usa da milioni di anni con incredibile successo. E’ sicuramente da peferire se possibile all’acqua di rubinetto che, nella quasi totalità dei casi, è distribuita dalla rete dell’acquedotto e risulta trattata con disinfettanti come cloruri e fluoruri. Queste molecole non sempre sono benvolute e possono causare problemi ad alcune di loro.

L’acqua piovana sembra inoltre essere particolarmente ricca di azoto e come abbiamo imparato nel nostro video sui macroelementi esso è il principe della vegetazione. Vedrete che le piante risponderanno in maniera entusiastica all’acqua piovana.

L’acqua piovana inoltre tiene lavata la superficie delle lamine fogliari dalla polvere e, per quanto bravi siamo a spolverarne le foglie, l’effetto della pioggia batterà ogni pannetto antipolvere o trucco della nonna. Inoltre, costerà zero fatica! Se avete dei pannelli solari sui tetti delle vostre case sapete bene quanto una regolare pulizia di queste superfici aumenti l’efficienza delle celle, consentendo una maggiore produzione di energia. Nel video sulla fotosintesi clorofilliana abbiamo proprio ripercorso l’analogia delle foglie e dei pannelli solari, parallelo che si può riproporre anche in questo frangente: foglie pulite si traducono in un processo di fotosintesi più efficiente e in uno sviluppo più rigoglioso delle piante.

Quando l’aria mi sfiora …

Altro fattore da considerare: l’aria di casa vs l’aria aperta. Per quanto funzionino bene i sistemi di condizionamento e ricircolo vi posso garantire che le piante (avvezze a starsene in natura all’aria aperta) la percepiranno sempre come viziata. Il riscaldamento dell’aria tramite sistemi tradizionali (stufe, caminetti, termosifoni) o con altro tipo di trattamento (split, riscaldamento a pavimento, ecc) determina un abbassamento dell’umidità in essa presente. Bel guaio per piante che il più delle volte provengono da foreste tropicali umide! Anche il condizionatore che ci aiuta a raffrescare la casa nei mesi di calura opera con principi di deumidificazione che riducono pesantemente il tasso di acqua nell’aria. Concludendo: le umide e calde estati afose della pianura padana sono terribili per me, ma le mie piante tropicali si sentono davvero a casa loro.

Due cose legate alla circolazione dell’aria.

La salubrità dell’aria esterna ha un effetto benefico e protettivo: circolando all’aperto è in continuo ricambio, non ristagna e abbatte il rischio di attacchi da parte  di parassiti e funghi.

La seconda è una delle tante cose che ho imparato coltivando la Canapa qui nel nostro vivaio (no, non la Mary Jane … Canapa legale!). Un giorno vi racconterò di questa fantastica esperienza biennale, un progetto di ricerca e sviluppo che mi ha insegnato una marea di principi molto interessanti. La sperimentazione è stata condotta con circa 6.000 piante/ciclo e ha indagato diversi metodi di propagazione e coltivazione (talee, semina, outdoor, indoor, greenhouse, idroponica, aeroponica, fertirigazione, substrato ecc ecc) ma è stato nelle parcelle di coltivazione protetta (indoor e greenhouse) che ho imparato quanto fosse importante il vento. Fate un esperimento: prendete dei semi o delle talee, delle piante giovani insomma, e provate a coltivarle sia protette dal vento che libere di ondeggiare alla brezza. Poi verificate come evolvono i loro steli. Quelle sollecitate dall’aria aperta risulteranno più forti e con i fusti maggiormente lignificati e resistenti. Le altre saranno invece più deboli, suscettibili di rotture, esili. E’ il motivo per cui le piante di canapa che allevavo indoor venivano ‘spazzolate’ continuamente da un gentile flusso di aria proveniente da ventilatori mobili, che simulassero il più possibile la brezza naturale.

Sotto questo sole…

Vogliamo parlare della luce? Facciamolo.

Non potrete mai e poi mai ricreare la stupenda luce naturale del sole in casa vostra, nemmeno con la growlight più sofisticata. Assaggiate un pomodoro cresciuto sotto growlight e poi un pomodoro coltivato a Pachino: anche a parità delle altre condizioni (stesso terreno, stesse concimazioni, stesse bagnature, ecc) beh non reggerà il confronto anche alla bocca meno raffinata.

 

Provate a seguire queste istruzioni che ora vi darò, non vi chiedo atti di fede: prendete un paio di piante e se è la prima volta che vi misurate con la prtica di messa in esterna delle piante da appartamento iniziate con loro: una Alocasia, una Monstera, una Calthea, una Kentia … sperimentate e sono sicuro che il prossimo anno farete un trasloco generale non appena le temperature lo consentiranno!

Personalmente ho trovato particolare beneficio anche con le Orchidee che lanciano nuovi germogli e fiori, spesso regalandoci anche un figlioletto per agamia (keiki). Le piante grasse poi, contrariamente a quanto spesso si crede, non sono così esigenti in fatto di temperature minime e dovrebbero stare al fresco in inverno, eventualmente in una serra fredda che le protegga da temperature sotto lo zero e dall’umidità stagnante. Se le tenete in casa tutto l’anno provate a portarle fuori in primavera: l’escursione termica notturna le indurrà alla fioritura!

 

SPOSTARE LE PIANTE ALL’ESTERNO SENZA FARE DANNI: LA FASE DI HARDEN OFF

Per come l’ho imparato io non è un semplice ‘prendi e sposta’. Ci sono un paio di cose da tenere presenti per non fare disastri, vanificando tutti gli sforzi profusi durante la stagione fredda (e sapete bene quante energie spendiamo per tenere a bada le piante da interno durante la stagione fredda).

A quali temperature posso far uscire di casa le piante da interno?

Sappiamo che alle nostre amiche houseplants non piace il freddo. Il mio consiglio è quello di attendere che le temperature minime notturne si assestino intorno ai 10-15°C. ATTENZIONE: due settimane fa (2 aprile) ero in giro a mezze maniche, stamattina (16 aprile) avevo il vetro dell’auto ghiacciato. Siamo in aprile e il rischio di gelate tardive è dietro l’angolo. Per non rischiare di fare dentro/fuori 40 volte cerchiamo di non avere fretta e attendiamo che la primavera sia confermata.

Una puntualizzazione: l’Italia è lunga e variegata, mi perdonino tutti i membri del #clangeorgici che hanno la fortuna sfacciata di stare al sud dove gli inverni miti danno spesso poco senso a quanto sto dicendo. Lo stesso vale per chi abita in costa ai laghi superiori del Nord Italia e alle coste marine del Centro-Nord. Cercate di interpretare questo post e adattatelo alla vostra zona climatica.

Altra cosa: se proprio non resistete allo spostare le piante in esterno ma non siete sicuri che la primavera sia confermata, tenetevi un piano B: locatele nei pressi di una veranda fredda, di un garage (anche buio) e se le notti sono ancora un po’ fresche ricoveratele dal tramonto all’alba entro luoghi più tiepidi come quelli sopraccitati.

Dietro casa mia c’è un ristorante abbandonato. Ci passo spesso davanti e lo scorso autunno ho notato due Alocasie gigantesche e rigogliose alloggiate in grossi vasi all’esterno dello stabile. Passano le settimane e le Alocasie se ne stanno li, apparentemente senza qualcuno che badasse loro. Iniziano i primi freddi e la notte le temperature scendono anche vicine ai 5°C. Loro sempre li. Penso che siano state dimenticate (forse ‘lo spero’) e inizio a progettare un colpo alla Diabolik, ingaggiando una lotta estenuante con la mia coscienza. D’altronde l’inverno arriva e le temperature minacciano di andare vicino agli 0°C (“Seba, devi salvare quelle piante”). Quindi parto nella notte fredda di Dicembre deciso a compiere la mia missione missionaria/criminale ma arrivato davanti all’edificio … le piante sono sparite. Mi chiedo ancora oggi se il proprietario le abbia ricoverate o se qualcuno mi abbia battuto sul tempo.

Questa storiella non parla tanto delle mie inclinazioni criminali recondite, quanto del concetto matematico di gradiente. Un conto è raggiungere in maniera graduale un limite, un conto è la variazione repentina. Se qualcuno avesse preso l’Alocasia del salotto e l’avesse messa fuori a 5°C probabilmente ne avrebbe decretato la morte per assideramento (o quasi). Ma il fatto che quelle belle piante siano arrivate a soglie di temperatura (ben inferiori a quanto normalmente tollerato) un poco alla volta ha loro permesso di resistervi egregiamente. Chiaro che sotto un certo limite non c’è gradiente che tenga, fossero rimaste li dov’erano sarebbero andate al creatore.

Questo concetto è alla base dei giardini di acclimatazione, spesso istituiti da privati appassionati, da botanici o da istituzioni: sono luoghi in cui la flora tropicale viene fatta ambientare ai nostri climi per poterne godere senza dover viaggiare fino ai tropici. Ne parleremo, è un tema molto interessante e l’Italia ne vanta alcuni di eccezionale bellezza (per citarne uno: i giardini botanici Hanbury siti sul promontorio della Mortola, nella riviera ligure).

Durante le prime fasi dell’acclimatazione è bene tenere quotidianamente monitorate le piante, rilevando eventuali sintomi di stress (bruciature, avvizzimenti, lessature da freddo, ecc.), cercando di intervenire rapidamente nel caso si manifestino disagi. Trovo inoltre utile aiutare le piante in questa fase di cambiamento somministrando un biostimolante come Algatron (utile anche per prevenire o sanare eventuali stress termici), ne abbiamo parlato nel video sui biostimolanti.

Esposizione luminosa nella fase di acclimatazione

Altra precauzione importante riguarda l’esposizione luminosa: mai fare l’harden off in pieno sole. MAI! Anche se la pianta in questione è prescritta per sole diretto NON fatelo! Rischiate che le foglie si brucino. Rispondo ogni primavera/estate a centinaia di georgici che hanno il cactus pallido e sbiancato perché lo hanno spostato dalla casa al terrazzo sotto il sole diretto! Ci sarà poi modo di metterle in pieno sole ma non prima di aver completato questa fase di acclimatazione.

Anche se in casa tenete le piante davanti a un finestrone gigante che guarda a sud, non mettetele improvvisamente fuori alla luce diretta. L’irraggiamento all’esterno è molto più alto di quello che avete in casa.

Quindi: si parte in piena ombra, per una settimana almeno. Poi si spostano via via in posizioni meno schermate, fino ad arrivare alla loro esposizione ideale (pieno sole, luce schermata, ecc). La situazione finale rispecchierà l’esigenza della pianta: una pianta grassa sarà posta in pieno sole, una felce in ombra piena o parziale. Occorre sempre rispettare le prescrizioni rispettive alla pianta in esame.

Anche per l’esposizione luminosa vale il discorso del gradiente fatto poco fa per la temperatura: le piante possono acclimatarsi alle variazioni quando queste non siano  repentine. Se vi dovesse capitare di trovare le foglie bruciate dal forte sole perché state leggendo questo post a danno fatto: niente panico! Meglio dare una mano alla pianta con Sinergon o altro biostimolante.

Gestione delle piante all’esterno dopo la fase di acclimatazione

Per esperienza, meglio scegliere posizioni riparate dal vento. I vasi e le piante che il vento mi ha macellato sono davvero numerosi! Terminato l’hardening assicuriamoci di essere pronti ad intervenire nel caso arrivi un temporale. Se siamo assenti da casa posizioniamo le piante in un luogo riparato e ancoriamole per quanto possibile ad un pilastro, una rete, una ringhiera.

Irrigazioni: dovranno essere più frequenti, le temperature esterne e l’aria aperta asciugano la terra in maniera rapida. Inoltre la costruzione di questi tessuti richiede una notevole quantità di acqua (lo capirete quando vedrete i pacchi di foglie nuove che sforneranno) .

 Concimazioni: se in casa trascurate l’appuntamento periodico con la nutrizione delle piante (cercate di non farlo), in esterna non dovete mancarne nemmeno uno. Lavorate anche a mezza dose e aumentate le frequenze. Le piante crescono rigogliose ma usano tantissimi minerali. Ottimi i lenta cessione (potete procedere con una applicazione ogni tre mesi), gli idrosolubili disciolti nell’acqua di bagnatura (anche con cadenza settimanale), oppure i consueti concimi granulari e liquidi (preferibilmente con dosi dimezzate e frequenze raddoppiate). Io uso un lenta cessione per piante verdi somministrato a marzo, giugno e settembre, oppure il mio fidato concime liquido per piante verdi di Cifo, ogni due settimane a dose intera o dimezzata.

Rinvaso: come potete immaginare, questo è un momento ottimo per il rinvaso, evitatando di sporcare casa con mucchi di terriccio! Approfittiamo dello spazio all’aperto per reinvasare tutto con One Plus (per chi non lo conosce qui sopra il video). In natura il suolo è un componente estremamente complesso e vivo, i terricci che usiamo di solito sono una scarsa approssimazione del terreno naturale. E’ per questo che preferisco sempre usare One Plus oppure integrare la parte microbiologica al substrato a posteriori con Micover WP, apportando così micorizze, trichoderma e batteri della rizosfera.

Per valutare la reale necessità del rinvaso meglio seguire le istruzioni qui riportate. Se non fosse necessario io consiglio di sostituire comunque la parte superficiale del substrato con del terriccio fresco; un’ottima idea per portare fertilità in un vaso con del substrato esausto è fare un toppping con humus di lombrico.

Come combattere la tristezza di una casa senza (troppe) piante da interno

Lo so, lo so. Vi sentite tristi girando per il vostro salotto, che fino alla scorsa settimana avrebbe potuto fare da set ad un sequel di Jurassic Park.

Ecco allora alcuni pensieri positivi che sosterrano il vostro morale.

  1. Potete tenervi qualche pianta indoor, oppure farle ruotare un po’ a turno
  2. Tenetele a portata di vista: vi basterà affacciarvi sul portico o aprire la porta finestra per rinfrancarvi lo spirito
  3. Quanto è figo il vostro salottino da esterno immerso tra banani, strelitzie e alocasie. Invitate gli amici per un barbecue tropicale, farete un figurone!

Il pensiero più bello

Pensate alla compagnia che le piante da interno vi hanno tenuto durante il grigio inverno, costrette in un ambiente così lontano e diverso da quello in cui sono nate (la Pianura Padana a Gennaio non è esattamente l’Indonesia, fidatevi). Ora avete la possibilità di ringraziarle, facendo loro assaporare la vita oltre la cattività delle mura domestiche. Vedrete la loro felicità quando capirete che ogni foglia nuova è un loro sorriso.

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Commenti

  1. Claudio (Modifica)

    Mi sono commosso…io sono fortunato sono in Liguria

  2. Valentina Forgione (Modifica)

    💚💚

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