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Cura delle piante

Buongiorno amiche e amici del #clangeorgici. Ieri stavo facendo la mia solita passeggiata post-pranzo in vivaio (in inverno la sostituisco con un episodio della Signora in giallo, rigorosamente sul divano con pennica di 20 minuti). Approfitto di questi momenti digestivi per bere un caffè, scattare qualche foto per Instagram e soprattutto fare un po’ di sorveglianza sanitaria sulle piante. Nessuna sorpresa nel vedere i primi attacchi di afidi sulle rose. Accade ogni anno e quindi come di consueto programmo l’intervento fitosanitario con il tecnico.

Gli afidi, meglio conosciuti come pidocchi, sono forse i parassiti più diffusi e persistenti delle piante, in particolar modo quelle da interno.

La buona notizia è che non sono difficili da eliminare, a patto di affrontarli nel modo giusto.

Nelle piante da giardino e da terrazzo la situazione peggiora normalmente solo in estate, ma nell’ambiente domestico i pidocchi prosperano in modo permanente e rappresentano un pericolo per tutto l’anno. Nonostante ciò non riesco a provare odio per questi parassiti che mi affascinano per la loro capacità riproduttiva e socialità (li troveremo quasi sempre ammassati in piccole colonie).

Tassonomia

Per combattere un nemico, bisogna conoscerlo. Gli afidi (pidocchi delle piante) appartengono alla classe degli Insetti (Insecta) e sono riuniti in una superfamiglia (Aphidoidea) suddivisa in tre famiglie: Adelgidae (afidi che attaccano esclusivamente le Conifere), Phylloxeridae (alla quale appartiene la celebre Fillossera della Vite) e Aphididae. Quest’ultima è la famiglia che più ci interessa dal punto di vista della difesa delle ornamentali ed è a questa che faremo riferimento nelle prossime righe.

Appartengono tutti all’ordine dei Rincoti Omotteri (Rhynchota, sottordine: Homoptera).

Morfologia e cenni di fisiologia

Esistono più di 2000 specie di afidi, tutte fitomize (vale a dire che si nutrono della linfa di piante), alcune delle quali sono parassiti specifici di alcune specie ma si tratta in generale di parassiti polifagi (attaccano cioè un’ampia varietà di piante); possono assumere qualunque colore: dalle diverse tonalità del verde al nero, rosa, marrone, rosso, bianco e arancio. Il polimorfismo non si presenta solo relativamente al colore del corpo: troviamo variazioni nella forma e nelle dimensioni tra individui specie diverse e della stessa specie, tra individui maschili e femminili, tra individui alati e atteri (non provvisti di ali). Come tutti gli insetti sono dotati di 6 zampe e presentano un corpo diviso in tre parti: capo, torace e addome; presentano antenne sul capo.

Nutrendosi della linfa delle piante e dei loro succhi cellulari, gli afidi ingeriscono una quantità troppo elevata di zuccheri in rapporto agli aminoacidi (proteine). Dai precedenti post inerenti la fotosintesi abbiamo imparato che gli zuccheri sono le sostanze energetiche che le piante sintetizzano ed è perciò normale trovarle in abbondanza al loro interno. La maggior parte degli zuccheri è perciò sovrabbondante rispetto alle esigenze alimentari degli afidi e deve essere in qualche modo separata dal resto delle sostanze ingerite ed espulsa; trovo affascinante apprendere come l’evoluzione risolva sempre brillantemente i problemi e nel caso degli afidi si è ingegnata modificando l’intestino di questi insetti: un bypass dotato di una camera filtrante effettua sulla linfa ingerita una sorta di dialisi scartando buona parte dell’acqua e degli zuccheri. Questa soluzione zuccherina non passa quindi nell’intestino e non viene assimilata dall’afide: verrà espulsa dall’ano dell’insetto sotto forma di goccioline di melata. Torneremo su questo tema più avanti ma vorrei solo tranquillizzarvi sul fatto che il miele di melata non è fatto direttamente con questa sostanza (non ci sarebbe comunque nulla di male no?): in molti ambienti dove mancano fioriture abbondanti, le api fanno della melata una loro fonte primaria di zuccheri e il miele che ne deriva ha caratteristiche peculiari, apprezzate da molti.

Della melata me ne sono accorto quando, diciottenne e da poco patentato, iniziai a parcheggiare l’auto sotto un tiglio enorme: in primavera/estate il vetro dell’auto risultava puntualmente impiastrato. Scoprii poco dopo che gli afidi stavano usando la mia auto come un WC. Ma la melata è una fonte di cibo per molti insetti utili glicifagi e integra anche l’alimentazione di alcune popolazioni umane tribali. Purtroppo sono anche substrato di crescita ideale per funghi saprofiti come le fumaggini e attirano le formiche: queste non creano alcun danno alla pianta ma sono alleate con gli afidi in una sorta di simbiosi: da essi ottengono zucchero e in cambio forniscono protezione da potenziali predatori e se ne prendono cura incrementandone il potenziale riproduttivo.

Come si presenta l’attacco

Tutte le parti della pianta possono essere attaccate: foglie, boccioli, fiori, rami, radici.

Nella maggior parte dei casi le parti colpite sono i germogli più teneri, la pagina inferiore delle foglie e il fusto della pianta, da cui si dipartono i rami. Il danno causato dagli afidi è spesso di facile identificazione in quanto compare spesso una fuliggine nera, sulla quale gli insetti risultano visibili. La loro presenza è comunque facilmente verificabile: sono ben visibili ad occhio nudo o con l’ausilio di una lente.

Gli afidi penetrano i tessuti della pianta con la loro sottile bocca a tubo (rostro) e poi succhiano la linfa: si nutrono in continuazione e ingeriscono quindi una grande quantità di linfa, danneggiando notevolmente la pianta. Inoltre poi eliminano l’acqua e gli zuccheri inutili al loro organismo e lasciano sulle parti attaccate la caratteristica patina appiccicosa della sopraccitata melata. Su questa sostanza cresce poi una muffa nera, anch’essa molto dannosa (un fungo saprofita noto come Fumaggine).

Il fatto che le colonie si concentrino soprattutto su germogli, boccioli e tessuti giovani in generale, è diretta conseguenza del meccanismo con il quale gli afidi si nutrono: tessuti teneri e turgidi offrono infatti minore resistenza alla penetrazione dello stiletto boccale, una sorta di ago da siringa che inietta saliva nei tessuti della pianta e ne estrae succhi cellulari e linfa; la linfa è prelevata direttamente dal floema e non necessita di suzione.

L’iniezione di saliva precede sempre il prelievo della linfa ed è questa sostanza a provocare i danni diretti:

  • formazione di galle (tipiche, tanto da far guadagnare ad alcune specie di afidi il nome volgare di ‘afidi galligeni’)
  • necrosi fogliari, clorosi e alterazioni cromatiche in genere: questi danni derivano soprattutto dalla nutrizione parenchimatica (suzione dei succhi cellulari)
  • deformazioni agli apici dei germogli, dei fiori e dei lembi fogliari, arricciamenti e arrotolamenti (l’afide sigaraio del pesco Myzus varians è così conosciuto proprio perché le sue punture fanno arrotolare le foglie colpite conferendole una conformazione a sigaro); danni di questo tipo sono riconducibili principalmente alla nutrizione floematica (suzione della linfa)
  • deperimento e successivo eventuale disseccamento delle parti colpite: normalmente il problema è confinato ai tessuti interessati dall’attacco, non ho mai visto un’intera pianta morire per un attacco di afidi, nemmeno se trascurato
  • aumento della attività respiratoria della pianta (il che causa un notevole sforzo e dispendio di energie per la pianta)

Se vi state chiedendo come mai vi stia parlando di attività respiratoria sappiate che anche le piante respirano: proprio come noi, bruciano gli zuccheri prodotti dalla fotosintesi per liberare l’energia a loro necessaria; questa reazione consuma ossigeno e produce anidride carbonica.

I danni indiretti, oltre all’insediamento della fumaggine, possono includere la trasmissione di virosi: gli afidi infatti possono farsi vettori di virus passando da una pianta all’altra (ne è un celebre esempio la trasmissione del virus Tristeza che colpisce gli agrumi).

Per chi opera nel campo produttivo i danni riguardano anche la riduzione delle rese e il deprezzamento dei frutti dovuto ai depositi di melata.

Il ciclo di vita

La maggior parte degli afidi che insidiano le piante da appartamento è molto piccola (1-3 mm), mentre nei giardini si possono incontrare delle specie più grandi, che, a meno di forti gelate, superano l’inverno senza problemi.
Gli afidi hanno un corpo liscio e ovale, antenne, lunghe zampe, e due evidenti rostri che terminano nello stomaco. Alcuni sono alati, altri no.
Le larve giungono a maturazione nel giro di 7-8 giorni e sono subito in grado di riprodursi.

La riproduzione degli afidi è sommariamente distinguibile in due modalità: la prima, sessuata (quindi derivante dall’unione di un individuo maschile e di una femmina), genera le uova che sverneranno durante la stagione fredda (uovo durevole); la seconda invece è espletata per partenogenesi (le uova prodotte dalle femmine generano individui senza bisogno di essere fecondate). La riproduzione per partenogenesi è rapidissima e si succede anche per 20 o 30 cicli in una stagione producendo un’infinità di individui esclusivamente di sesso femminile (e quindi in grado a loro volta di generare prole per partenogenesi). Ecco come crescono rapidamente in numero glia fidi nelle colonie sulle piante.

Gli afidi sono tutto sommato poco mobili e amano una vita sedentaria basata sull’alimentazione (in questo un po’ mi somigliano). Le femmine alate compiono di rado brevi voli ma quando trasportate dal vento possono anche coprire grandi distanze.

Come intervenire

Qualsiasi pianta sotto stress può essere vittima degli afidi, per questo dovremmo sempre assicurarci che le nostre piante crescano bene: nutrirle regolarmente è la prima regola da seguire ma evitiamo di concimarle troppo (altrimenti l’alta concentrazione di azoto aumenterà la produzione di linfa), facciamo attenzione a non bagnarle troppo (o troppo poco) e verifichiamo che non siano sofferenti.

Lotta preventiva

La lotta preventiva è molto importante ed inizia con l’avere una pianta in salute. Quindi ricapitolando è bene:

  • concimare con regolarità senza esagerare: gli elementi minerali sono coinvolti nell’innalzamento delle difese naturali della pianta ma anche il loro eccesso rappresenta un problema, ne abbiamo parlato a proposito dei macroelementi
  • fornire un supporto con fitostimolanti in periodi di stress (termico, idrico, …) e nei momenti di ripresa vegetativa come la primavera: ho spiegato cosa sono e come si usano in questo post
  • allontanare, ove possibile, le piante infette da quelle sane
  • utilizzare in maniera preventiva prodotti come il sapone molle che stimola le difese naturali sulla pianta (pur non avendo effetti tossici diretti sull’insetto) ed è contemplato anche nell’utilizzo in agricoltura biologica

Lotta a infezioni iniziali e limitate

Fintanto che il problema è di poca rilevanza, è possibile eliminare gli afidi rovesciando la pianta ed immergendola in un catino di acqua tiepida.
Questo sistema va sempre bene, tranne nel caso in cui la pianta sia di dimensioni troppo grandi oppure sia appena stata rinvasata.

Se l’infestazione è recente, un altro metodo efficace è semplicemente quello di lavare le parti colpite con una spugna imbevuta di acqua e sapone. Il sapone spesso riesce ad uccidere gli afidi: applichiamolo più volte nel corso di due settimane per essere sicuri che ogni parassita venga eliminato.

Lotta a infezioni contenute con metodi biologici

La lotta biologica è molto utilizzata in ambito professionale contro questi parassiti e si concretizza mediante il lancio di predatori naturali sulle colture. Purtroppo non è una soluzione facilmente adottabile in ambito privato ma prima di ricorrere alla lotta di tipo chimico vale la pena fare un tentativo con un principio attivo naturale chiamato Azadiractina. Si tratta di una molecola organica di origine naturale estratta da una pianta chiamata Azadirachta indica e meglio nota come Albero del Neem ove è presente in concentrazioni particolarmente alte. Dalla spremitura dei semi di questa pianta si ottiene l’olio di Neem, ricco di questi principio attivo.

L’Azadiractina interferisce sui meccanismi di sviluppo di insetti quali gli Afidi, arrestandone la crescita. Ha anche una forte azione fagorepellente sugli organismi target, inducendo inappetenza e facendo venir meno lo stimolo a nutrirsi: abbiamo visto come l’attività degli afidi sia fortemente correlata alla loro vorace fame di linfa e quindi ciò comporta minore proliferazione e fecondità negli organismi colpiti.

I vantaggi che tengo a sottolineare relativamente all’utilizzo di Azadiractina e Olio di Neem in generale sono:

  • è un prodotto organico, consentito in agricoltura biologica
  • ha un’azione insetticida ma anche acaricida e nematocida (efficace quindi anche contro ragnetto rosso e nematodi)
  • azione translaminare (penetra all’interno delle lamine fogliari della pianta) e parzialmente sistemico (entra in circolo nella linfa della pianta) se assunto per via radicale; ciò conferisce un maggiore effetto al principio attivo.
  • ha una bassa tossicità su uomo, animali e vertebrati in generale (pesci inclusi!)
  • ha un basso impatto ambientale: si dimostra selettivo nei confronti dell’entomofauna utile, come le api, che non viene danneggiata (ed ecco anche perché è ammesso in lotta biologica). Inoltre questa molecola ha una bassa persistenza nel terreno e si degrada in pochi giorni

 

Se invece il problema è in stadio avanzato e decidi di intervenire chimicamente, ricorda che alcune specie di piante non sopportano bene gli antiparassitari e che gli afidi possono sviluppare una buona resistenza a qualunque insetticida, se utilizzato ripetutamente. Il fenomeno di resistenza è acuito dal veloce ricambio generazionale degli afidi, indotto dai cicli di riproduzione partenogenetica.

Il tipo di insetticida

Il modo in cui un preparato opera è importante quanto la sua composizione. Si possono distinguere i vari insetticidi in:

  • sistemici: vengono assorbiti nel sistema linfatico della pianta e quindi avvelenano gli afidi che succhiano la linfa;
  • per contatto: entrano direttamente in contatto con gli afidi e devono perciò essere necessariamente spruzzati direttamente su di essi o ingeriti dal parassita.

Sia gli insetticidi sistemici sia quelli da contatto possono rimanere sulla pianta o sul terreno per tempi diversi: quelli non persistenti non durano più di un giorno due, mentre quelli moderatamente persistenti possono rimanere sull’esemplare anche per alcune settimane.

 

Nella scelta dell’insetticida ciò che va valutato è il principio attivo: spesso infatti lo stesso principio è in vendita con nomi commerciali diversi.

I principi attivi non persistenti che agiscono per contatto e possono essere efficacemente impiegati per combattere gli afidi comprendono molecole (piretrine sintetiche) come la Deltametrina. Vanno bene sugli afidi perché come abbiamo visto sono animali poco mobili e quindi basta che una micro gocciolina di prodotto entri in contatto con il parassita (o che venga ingerito) perché la neurotossina ne provochi la paralisi e la conseguente morte. Sono molto efficaci a hanno un potere abbattente sostenuto ma essendo prodotti ad ampio spettro (efficaci anche su acari) possono impattare anche sulla fauna utile (come tutti i piretroidi sono poco selettivi) ed essere nocivi anche per gli ambienti acquatici.

Anche la maggior parte degli insetticidi sistemici si dimostra piuttosto persistente. La molecola più nota è Imidacloprid, dannoso per api e insetti utili come tutti i neonicotinoidi. Una delle molecole che pare possa sostituirli è il Flupyradifurone, che pare però abbia comunque un effetto negativo, seppur minore, sugli insetti utili.

ATTENZIONE: non voglio con queste ultime righe spaventare chi usa prodotti chimici in ambito domestico/privato contro i parassiti; il 99,99% delle problematiche inerenti l’utilizzo di queste molecole è associato all’utilizzo nell’agricoltura professionale, ove sono impiegati su estensioni di milioni e milioni di ettari in tutto il mondo. E’ bene però sapere che tipo di impatto possono avere questi prodotti e nel nostro piccolo abituarci ad utilizzarli con parsimonia tentando sempre alternative biologiche prima di sfoderarli.

Soprattutto quando usiamo i prodotti sistemici ricordiamo che la pianta non va ‘annegata’: è sufficiente una spruzzatina qua e la sulle foglie, in maniera omogenea. Se le foglie sgocciolano il prodotto abbiamo esagerato. Con prodotti che agiscono per contatto invece dobbiamo ricordarci di raggiungere anche angoli un poco nascosti della chioma per snidare i parassiti e raggiungerli con le goccioline.

 

Come applicare gli antiparassitari

Applica i prodotti all’esterno della casa, in una giornata mite e non ventilata, e tieni le piante lontane dal sole fino a quando non sono ben asciutte.
In alternativa puoi operare sul davanzale della finestra.

Vi sono molti modi diversi per somministrare l’insetticida: scegli quello più adeguato alle condizioni di crescita delle piante da trattare:

  • coni combustibili: sono una soluzione efficace nelle serre, ma assolutamente inadeguati per le abitazioni, a meno che tu possa facilmente spostare i vasi in una serra.
  • polveri insetticida: vengono spruzzate direttamente sul parassita e rovinano temporaneamente l’aspetto della pianta; sono però adeguate nel caso in cui la sostanza chimica richiesta sia disponibile solo sotto quella forma.
  • formulazioni liquide ad alta concentrazione: devono essere diluite e miscelate in base alle istruzioni del produttore. Palline o coni impregnati di insetticida possono essere risolutivi nel caso di piante grandi o cestini pensili.
  • spray: sono una scelta cara ma efficace. Non si devono miscelare e sono pronti per l’uso

Sia che si scelga un insetticida sistemico che uno per contatto è bene valutare la convenienza nell’acquisto di un prodotto pronto all’uso o in alternativa di un concentrato.

I prodotti ‘pronto all’uso’ sono già miscelati in soluzione e non richiedono operazioni supplementari. Sono da scegliere per la loro praticità (non dovete mettervi a fare i piccoli chimici con misurini e soluzioni) laddove abbiamo un numero limitato di piante da trattare che siano di taglia compatta: direi massimo 5-10 piante alte al massimo un metro/un metro e mezzo. Se abbiamo siepi, bordure, piante di grandi dimensioni o un numero sopra le 10 piante di piccola o media taglia, risulta invece economicamente molto più conveniente l’utilizzo di prodotti concentrati anche perché dovrete molto probabilmente utilizzare una pompa per distribuirli.

Sul mercato vengono introdotti in continuazione nuovi prodotti: leggi attentamente le istruzioni e scegli quello più indicato per il caso specifico.
Infine, qualunque metodo decidi di utilizzare, il risultato sarà una massa di afidi morti: ad operazione ultimata è dunque una buona idea quella di lavare bene la pianta perché spesso, seppur morti, restano sul posto (puoi comunque verificare con una lente se sono morti cercando di capire se si muovono o meno).

Trattamenti specifici

Ecco come trattare gli afidi sulle piante da appartamento più note:

Violetta africana (Saintpaulia). Annaffia mensilmente con trattamento sistemico, particolarmente efficace per ridurre i rischi di infestazione. Gli afidi preferiscono i germogli più teneri, in particolare fiori e boccioli.

Orchidee. Gli afidi attaccano raramente la pianta, perché preferiscono il fiore.

Geranio. Gli afidi sono un problema comune: cerca i primi segni di invasione nel mese di febbraio (le foglie arricciate sono uno di questi indizi).

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Commenti

  1. Mercuri Loredana (Modifica)

    Buongiorno sn mercuri Loredana qsto inverno ho ricevuto le palle di neve acquistate da voi ora hanno i boccioli….poco fa’ sn andata in giardino ed ho notato Ke tra i boccioli ci sn degli insetti neri …..Ke fare????n preoccupata…grazie

  2. Sebastiano (Modifica)

    Ciao Loredana, perdonami se leggo solo ora il tuo commento. Immagino si trattasse di cetoniella … sono impollinatori un po’ irruenti e spesso rovinano i fiori ma non sono pericolose per la salute delle piante.

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