I fitovirus: virus che colpiscono le piante
Ebbene si, anche le piante possono ammalarsi a causa dei virus. La relazione tra i virus e le piante è molto più stretta di quel che possiamo immaginare. Addirittura il primo virus identificato dall’uomo è proprio un virus che attacca la pianta del Tabacco. Ma ricordatevi che se vedete gocciolare le foglie della vostra Alocasia non si tratta di raffreddore ma di guttazione!
La piante possono ammalarsi di Covid?
Le piante non vengono infettate dal virus del Covid-19 che provoca nell’uomo la nota sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-2 (SARS-CoV-2). Questo specifico virus ha dimostrato la capacità di infettare l’uomo e alcuni animali. Gli animali sui quali è stata riscontrata l’infezione da Covid sono alcuni primati come i macachi, specie da allevamento come maiali, visoni e furetti, specie selvatiche quali tigri e leoni, specie domestiche tra cui cani, gatti e criceti. Pipistrelli e pangolini sono altri animali spesso chiamati in causa all’interno di ipotesi circa il percorso che il virus avrebbe potuto fare per arrivare all’uomo. Come è noto, siamo nel campo delle ipotesi e lasciamo a chi di dovere l’onere di fare luce (se mai sarà possibile) su tali vicende.
Quindi limitiamo le nostre preoccupazioni alla salute di noi esseri umani per quanto riguarda il Covid e lasciamo che le nostre piante dormano sonni tranquilli. Ma saranno davvero così tranquilli questi sonni o le piante devono temere l’infezione da parte di agenti virali?
I virus e le piante
I virus delle piante sono detti fitovirus. Sono virus in grado di attaccare gli organismi vegetali penetrando le cellule dell’ospite (non diversamente da come fanno i virus che attaccano l’uomo) e sfruttarne i meccanismi interni a proprio vantaggio, al fine di riprodursi.
Di solito questa infezione causa la distruzione della cellula o comunque uno sconvolgimento nei processi metabolici della pianta. Nelle colture da reddito (ornamentali, frutticole e orticole) sono spesso causa di forti perdite produttive, morienza di esemplari e deprezzamenti della produzione dovuti a danni estetici della frutta e della verdura.
In alcuni casi è possibile che l’attacco non mostri sintomi visibili, almeno in fase iniziale (fenomeno di mascheramento) ma quasi sempre compaiono poi screziature, imbrunimenti, maculature e depigmentazioni sulla vegetazione e/o sui frutti.
Alcuni fitovirus sono in grado di attaccare solo una specifica specie di pianta; più spesso possono colpire specie diverse che appartengono allo stesso genere o alla stessa famiglia.
Cos’è un virus
Il virus è in generale un’entità biologica estremamente elementare: non possiede una vera e propria struttura cellulare come gli altri esseri viventi, composta di solito da una membrana che racchiude un liquido (citoplasma) entro il quale risiedono il nucleo della cellula e i diversi organelli che svolgono funzioni specifiche; per fare alcuni esempi: i cloroplasti sono gli organelli cellulari che nelle piante effettuano la fotosintesi, i mitocondri e i ribosomi (presenti sia nelle cellule vegetali che animali) si occupano rispettivamente della respirazione cellulare e della sintesi proteica.
Il virus consiste invece di un semplice filamento di acido nucleico (DNA o di RNA) racchiuso dentro una capsula fatta di proteine. Sono esseri sospesi tra il mondo degli esseri viventi e dei non viventi. A differenza dei viventi come piante, animali, finghi e batteri, i virus non sono in grado di avere una vita autonoma, né di metabolizzare una qualche forma di cibo (e quindi di nutrirsi), né sono in grado di riprodursi o muoversi attivamente. Devono quindi vivere a spese di altre cellule comportandosi come parassiti obbligati.
Quanto sono grandi i virus delle piante
In generale, i virus hanno dimensioni estremamente ridotte, nell’ordine dei 20-300 nanometri (milionesimi di millimetro). Per fare un paragone con qualcosa che ci sembra molto piccolo: i batteri sono centinaia di volte più grandi e si misurano nell’ordine dei micrometri (di norma entro 1-10 millesimi di millimetro).
I virus delle piante (fitovirus) variano in dimensione in funzione della forma che hanno, come riportato nel paragrafo seguente.
Che forma ha un virus delle piante
I virus possono avere forme differenti in funzione del loro contenuto (alcuni contengono RNA, altri DNA) e dell’organismo target: ad esempio i virus che attaccano i batteri (batteriofagi) hanno una simpatica forma che ricorda un modulo di allunaggio, con l’acido nucleico (DNA) incapsulato nel cristallo proteico e delle ‘zampe’ con le quali si attaccano alla membrana della cellula ospite.
Altri virus, come i Coronavirus, hanno invece una forma sferica, provvista di protuberanze proteiche che gli consentono di aggrapparsi alla cellula ospite.
Ci sono poi virus con geometrie a icosaedro e altri con forma elicoidale (come il virus del mosaico del tabacco).
Esistono circa 100 milioni di tipologie differenti di virus (è l’entità biologica più diffusa sul nostro pianeta) e le loro forme possono essere molteplici; nei fitovirus troviamo però delle forme piuttosto ricorrenti:
- Forma a bastoncello: sono particelle cilindriche allungate, rigide o flessibili, e misurano circa 300-500 nm in lunghezza e 15-20 nm in diamtro; l’involucro è formato mediante l’impilamento di cerchi proteici uno sull’altro: ne risulta una struttura cava tubolare che ospita all’interno il filamento di acido nucleico.
- Forma isometrica: si tratta grossomodo di una forma sferica dell’involucro, cava, che porta all’interno il materiale genetico del virus; possono avere dun diametro compreso tra 25 e 50 nm.
- Forma icosaedrica: molto simile alla forma isometrica, in questo caso le proteine dell’involucro sono due e non una.
- Forma a doppio icosaedro: sono geometrie molto rare nei fitovirus ma piuttosto affascinanti e si mostrano come due icosaedri gemellati, ovvero attaccati uno all’altro. Un noto fitovirus con questa forma è il Virus del mais a strisce (MSV o Maize Streak Virus).
Come si riproducono i virus delle piante
I virus si riproducono sfruttando i meccanismi di replicazione di DNA e RNA della cellula ospite (batterio, animale o vegetale). Quando un virus riesce ad entrare nella membrana di una cellula e a liberare all’interno il suo filamento di materiale genetico, questo va a confondersi con quello della cellula ospite. Quando gli organi della cellula lo leggeranno per ottenere istruzioni circa cosa produrre, saranno indotti a replicare anche il materiale del virus che si copierà migliaia di volte replicando altrettante copie del virus, a loro volta libere di infettare altre cellule e organismi.
I virus che colpiscono le piante usano gli stessi meccanismi di replicazione di quelli che colpiscono animali e uomo. Le membrane proteiche dei virus sono rivestite da escrescenze, anch’esse proteiche, che si legano ai recettori della membrana cellulare dell’entità da infettare. Queste protuberanze sulla superficie del virus sono le famose proteine spike e sono le chiavi che si incastrano nelle serrature dei recettori presenti sulle membrane cellulari dell’ospite. Il virus inganna in qualche modo la cellula ospite fingendosi un elemento con il permesso di entrare, accedendo così alla macchina di replicazione interna al citoplasma della cellula o al suo nucleo.
Come si combattono i virus delle piante
Purtroppo non esistono metodi di lotta ad infezioni di virus già in atto sulle piante ed è nessario eliminare gli esemplari infetti non appena la malattia viene rilevata, meglio se bruciando il materiale infetto.
L’unico metodo di contrasto efficace è la prevenzione, che passa anzitutto per la conoscenza dei metodi di trasmissione dei fitovirus.
Trasmissione verticale dei fitovirus
La trasmissione verticale fa riferimento al passaggio del fitovirus da una generazione di piante a quella successiva. Molto raramente i semi e il polline sono in grado di trasmettere virus ma nel 2013 si contavano comunque 231 entità virali (su circa 1500 fitovirus noti) in grado di trasmettersi tramite semi e 44 tramite il polline.
Una delle vie di diffusione più pericolosa riguarda la propagazione delle piante per moltiplicazione vegetativa: si può trasmettere il virus da una pianta madre al clone prelevando materiale infetto con il taleaggio, la raccolta di marze finalizzate all’innesto e in generale con tutti gli altri metodi di propagazione agamica come margotte e propaggini. Oltre alla possibilità di una trasmissione derivante dall’infezione della pianta madre, può esserci una contaminazione anche attraverso l’utilizzo di strumenti non sterilizzati come forbici e seghetti.
Da questo punto di vista, uno dei metodi di clonazione più sicuri è la propagazione in vitro (micropropagazione) che oltre a numerosi vantaggi offre la possibilità di ottenere plantule virus esenti. Questo perché si parte da meristema per creare una nuova pianta e anche l’apice vegetativo di una pianta infetta risulta privo del patogeno.
Trasmissione orizzontale dei fitovirus
La trasmissione orizzontale fa riferimento al trasferimento del virus da una pianta all’altra, senza necessità di un passaggio generazionale. Può avvenire in seguito a:
- inoculazione meccanica: quando avviene il contatto tra porzioni esposte (microferite) tra due individui distinti, uno infetto e l’altro sano; può essere il vento a causare lo sfregamento tra rami oppure l’azione di pratiche colturali come le arature o le potature che lesionano ed espongono i tessuti più interni delle piante.
- inoculazione mediante vettore: è la principale via di trasmissione nelle piante ed è compiuta da organismi viventi quali:
- piante parassite (ad es. Cuscuta)
- funghi patogeni (micosi)
- nematodi
- acari
- insetti (principali vetttori di virosi) quali afidi, cocciniglie, cicaline, tripidi, psilla, aleurodidi, coleotteri
Gli insetti fitofagi sono i principali responsabili delle infezioni perché pungono la pianta infetta succhiandone la linfa o i succhi cellulari, incamerando così il virus all’interno del loro apparato boccale e trasmettendolo all’individuo che attaccheranno in seguito (sebbene in molti casi il virus non sia in gradi di restare vitale fuori dalla pianta per più di pochi secondi o al più pochi minuti).
Come si difendono le piante dai virus
Le piante non hanno la possibilità di vaccinarsi, né possono contare su anticorpi (essendo prive per natura di queste contromisure. Ci sono però delle difese che possono mettere in campo per contrastare le infezioni virali:
- Ipersensibilità: la pianta può accorgersi della presenza del virus dopo il primo ciclo di replicazione e fargli ‘terra bruciata’ intorno, uccidendo le proprie cellule presenti al contorno dell’infezione. In questo modo il virus rimane isolato e non trova cellule adiacenti a quella infettata che siano vitali e in grado di replicarlo. Un piccolo sacrificio che però salva il resto dell’individuo.
- Silenziamento genico: anche in questo caso la pianta è in grado di ‘sentire’ l’RNA estraneo che si sta replicando reagendo con l’attivazione di alcuni enzimi in grado di sminuzzare il filamento di RNA virale rendendolo inoffensivo.
Ovviamente anche i virus hanno le loro contromisure e spesso nella pianta si combatte una vera e propria guerra tra il virus e l’ospite.
Metodi di lotta alle virosi delle piante
Purtroppo, come anticipato, non esistono rimedi alle infezioni virali. Tutto ciò che possiamo fare per contenerle prevede la distruzione degli esemplari infetti (devono essere annichiliti possibilmente bruciandoli) oppure un’accurata prevenzione. Vediamo nel dettaglio i metodi di contrasto alle virosi delle piante che sono per lo più prescritti per i professionisti del settore, dovendo essi lavorare con un gran numero di piante in contesti dove la diffusione di un virus è una minaccia concreta:
- Utilizzare strumenti di lavoro disinfettati
- Mantenere piante il più possibile in salute per enfatizzarne le naturali difese
- Utilizzare materiale di propagazione certificato
- Contenere o eliminare i possibili vettori come piante infestanti e parassiti animali
- Genetica
Circa l’ultimo punto, la genetica, ci sono due vie principali di intervento:
- Selezione genetica classica: si incrociano individui che hanno manifestato particolari doti di resistenza per ottenere semi di piante più forti
- Ingegneria genetica: si possono introdurre nuovi geni che codifichino resistenza all’interno del patrimonio genetico delle colture.
Chi ha scoperto i virus
Date le ridotte dimensioni, i virus non sono visibili nemmeno con un normale microscopio ottico. E’ necessario un microscopio elettronico per osservarli, tecnologia di introduzione piuttosto recente (1930 circa). Per questo motivo la scoperta dei virus è iniziata, come spesso accade, ipotizzandone l’esistenza.
Le prime testimonianze di fitovirus
Pare che la prima traccia di una malattia virale sulle piante risalga a tempi molto antichi: nel 752, l’imperatrice giapponese Koken, descrive l’ingiallimento di alcune foglie di Eupatorium in un suo componimento poetico; sappiamo oggi che questo sintomo è portato dall’infezione del virus chiamato Eupatorium yellow vein geminivirus (EpYVV).
Altra traccia nella storia dei virus è datata 1576. Uno straordinario tulipano variegato fa la sua comparsa nei mercati olandesi: è l’inizio di quella che diventerà la ‘tulipanomania’ del XVII secolo. Ai tempi si ignorava che tale variegatura fosse data dall’infezione di un virus e in effetti le rese erano scarse e spesso le dimensioni del fiore ridotte. Ancora oggi tante variegature presenti su piante ornamentali sono indotte da un’infezione virale (ne abbiamo parlato trattando le variegature).
I pionieri della virologia
Il famoso chimico e microbiologo francese Louis Pasteur (1822-1895) fu il primo ad ipotizzare l’esistenza di una qualche forma patogena più piccola dei batteri: non riusciva infatti a vedere con il microscopio ottico un agente che potesse essere responsabile della rabbia.
Nel 1876 un chimico agrario tedesco di nome Adolf Mayer dirigeva un centro di biologia sperimentale olandese, nella cittadina di Wageningen. La sua occupazione all’epoca era concentrata su una strana malattia che colpiva gravemente le piante del tabacco e si palesava con colorazioni a macchie sulle foglie delle piante. Sebbene non riuscì mai ad identificarne la causa diede ad essa il nome che ancora oggi porta: malattia del mosaico del tabacco.
Alcuni anni più tardi, nel 1884, un chimico francese, Charles Chamberland, inventò un omonimo filtro (un cilindro di porcellana porosa) provvisto di pori più piccoli di un batterio e in grado quindi di filtrare una soluzione trattenendo i patogeni. Questo strumento fu molto utile nelle fasi successive dell’evoluzione della virologia.
Nel 1892 il biologo russo Dmitry Ivanovsky utilizzo un filtro Chamberland per filtrare un macerato di foglie malate di tabacco riuscendo a capire che la soluzione filtrara restava infettiva, deducendo che l’agente patogeno non poteva essere un batterio (che sarebbe stato bloccato dal filtro) ma che doveva trattarsi di un’entità molto più piccola. Ipotizzò si trattasse di una tossina batterica e non proseguì ulteriormente gli studi.
Torniamo a Wageningen, dove lavorava un altro microbiologo olandese: Martinus Beijerinck. Qui insegnava microbiologia presso la locale scuola agraria e incuriosito dalle ipotesi del collega Mayer, nel 1898, volle ripeterne gli esperimenti. Anche lui procedette come Ivanovsky e ipotizzò l’esistenza di un patogeno molto piccolo che decise di chiamare virus (dal latino: veleno, tossina).
La scoperta e lo studio del Virus del Mosaico del Tabacco (TMV) non sarai mai abbastanza enfatizzata: la portata di questi studi ha aperto le porte ad una branca della scienza, la virologia, che sulla base di queste prime osservazioni ha potuto evolvere salvando milioni di vite umane.
La virologia moderna
Durante il 1900 furono fatti grandi passi avanti e il TMV fu persino ‘fotografato’ grazie alla tecnica della cristallografia a raggi X, che nel 1941 ci regalò le sue prime immagini. Da queste si dedusse la struttura completa del virus e successivamente venne confermato che RNA e capside del virus del tabacco potevano assemblarsi autonomamente, chiarendo sempre di più i meccanismi di nfezione di questi agenti.
Nel 1922 John Kunkel small scoprì che a diffondere i virus tra le piante giocavano un ruolo primario gli insetti che potevano fungere da vettori, succhiando linfa e succhi cellulari di piante infette contaminando la propria saliva; nelle successive aggressioni su altre esemplari erano così in grado di trasmettere il patogeno.
I principali virus delle piante
Di questi numerosi virus ce ne sono alcuni che meritano una particolare menzione per la loro diffusione e la gravità dei loro attacchi. Nelle colture frutticole e orticole l’attacco dei virus può portare a perdite importanti della produzione o ad un loro deprezzamento, causando spesso la morte degli esemplari infettati.
Virus del mosaico del tabacco (TMV)
Il virus del mosaico del tabacco (Tobacco mosaic virus, TMV) provoca l’omonima malattia su diverse specie di piante appartenenti alla famiglia delle Solanaceae, delle Cucurbitaceae e altre: non solo tabacco quindi ma anche pomodoro, patata, barbabietola, mais, pisello, cetriolo.
Questo virus ha un alto potenziale infettivo e si trasemtte per contatto senza necessità di particolari vettori.
Le menifestazioni della virosi si palesano con la comparsa di maculature sulle foglie delle piante colpite, di colore solitamente verde chiaro o giallo. Possono manifestarsi anche deformazioni fogliari.
Le menifestazioni della virosi si palesano con la comparsa di maculature sulle foglie delle piante colpite, di colore solitamente verde chiaro o giallo. Possono manifestarsi anche deformazioni fogliari.
Sharka
La vaiolatura delle drupacee (Plum pox) è una virosi che colpisce il genere Prunus. L’agente è il Plum Pox Virus (PPV). Colpisce quindi ciliegi, susini, albicocchi, mandorli, peschi e alcune ornamentali.
In Italia questa malattia ha fatto la sua comparsa nel 1973 ma i primi focolai si attestano in Bulgaria nel 1917 (‘sharka‘ in bulgaro significa ‘ vaiolo’). La malattia si è diffusa poi rapidamente in tutti i continenti del globo.
I vettori principali sono gli afidi e il materiale vegetale infetto commercializzato.
Il virus può uccidere la pianta ma soprattutto deformare e alterare il sapore dei frutti impedendone la vendita.
Si manifesta sia con clorosi fogliari che sui frutti, con maculature anulari, deformazioni, alterazioni dei colori della polpa e del sapore; spesso può indirre cascola dei frutti. Anche i noccioli dei frutti possono manifestare segnature anulari.
Altri virus del mosaico
Oltre a TMV e Sharka esistono numerosi virus compresi sotto il nome di ‘virus del mosaico’ e sono accomunati dai sintomi che si manifestano sulle foglie e sui frutti delle piante colpite: maculature di vario tipo, screziature e colorazioni. Possono colpire numerosi genere di piante, spesso in maniera specifica: barbabietola (BtMV, Beet mosaic virus), Zucchino (ZYMV, Zucchini yellow mosaic virus), Rosa (RMV, Rose mosaic virus), Tulipano (TBV, Tulip breaking virus), Cocomero (CGMMV, Cucumber green mottle mosaic virus), ecc.
I vettori di questi virus possono essere biotici (in particolare afidi) ma spesso si trasmettono con strumentazioni infetti o tramite residui colturali e compost infetti.
Avvizzimento maculato del pomodoro
Questa malattia è causata dal virus Tomato spotted wilt orthotospovirus (TSWV) ed è comparso in Italia alla fine degli anni ’80 colpendo pomodoro, tabacco, peperone, lattuga, melanzana e carciofo.
I vettori di questo virus sono alcuni tripidi quali Frankliniella occidentalis e Thrips tabaci.
Si manifesta in maniera molto variegata sulle diverse specie attaccate ma i sintomi comuni possono essere riportati ad un arresto nella crescita, necrosi fogliari e comparsa di maculature anulari sui frutti.
Oltre alle buone pratiche agricole, per il contrasto di questo virus passano per l’introduzione di varietà colturali resistenti e il controllo dei vettori anche con metodi biologici, utilizzando i predatori naturali dei tripidi.
Virus dell’arricciamento fogliare della vite
Merita di essere citato anche per il vettore che in questo caso è il nematode Xiphinema index. Causa clorosi fogliari e deprezzamento del frutto nelle colture viticole di tutto il mondo.
Si controlla preventivamente utilizzando materiale vegetale certificato, contrastando il nematode che ne è vettore attraverso fumigazioni e rotazioni colturali e introducendo varietà con geni di resistenza.
Tristeza degli agrumi
Un virus purtroppo ben noto anche in Italia e in particolare nelle coltivazioni di agrumi della Sicilia. Il Citrus tristeza virus (CTV) causa sviluppo ridotto, defogliazioni e disseccamento dei rami nelle piante di agrumi colpite.
Si stima che in tutto il mondo siano 70 milioni le piante colpite da questo virus. In Italia fa la sua comparsa nel 1956 restando inizialmente confinato a limitati e scarsi focolai. Purtroppo negli ultimi anni ha conosciuto una rapida diffusione anche nelle nostre zone.
Citrus tristeza virus si diffonde per innesto (particolarmente sensibili le piante su piede di Arancio amaro) e mediante gli afidi (principalmente Toxoptera citricida).