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Botanica e agronomia

Nel corso di laurea in scienze agrarie del 1935 a Milano ben 5 studenti dei 50 che si laurearono presentarono ricerche sulla stessa tematica: la grafiosi dell’Olmo, una malattia che aveva provocato una vera e propria modifica del paesaggio con migliaia di olmi appassiti nelle campagne lombarde.

La grafiosi che ancora oggi affligge gli alberi di Olmo, come vedremo, è provocata da un “parassita delle vene” dell’albero. Il termine gergale anglosassone per identificare questa malattia è “Elm Dutch Disease” cioè “malattia olandese dell’olmo” e presto capiremo il perché!

Cos’è la grafiosi dell’Olmo

La grafiosi dell’olmo è una malattia specifica del genere Ulmus, provocata da un fungo parassita che colonizza lo xilema, il tessuto vascolare deputato al trasporto dell’acqua e dei sali minerali dalle radici alle foglie. L’occlusione dei vasi xilematici causata dal fungo impedisce il corretto apporto di liquidi alla pianta, provocandone il deperimento e, in molti casi, la morte.

L’agente patogeno responsabile della grafiosi dell’olmo è l’Ophiostoma ulmi (in precedenza chiamato Graphium ulmi). Questo ascomicete induce una tracheomicosi, la risposta difensiva della pianta, caratterizzata dalla produzione di gomme e composti fenolici, paradossalmente aggrava l’occlusione dei vasi, accelerando il deperimento dell’olmo.

Il primo segnale evidente è un improvviso appassimento di una branca, che si estende portando al disseccamento completo delle foglie e alla morte dell’intera branca o addirittura dell’albero. Se l’infezione ha origine dalle radici, l’albero può morire nell’arco di una sola stagione. Al contrario, se l’infezione parte da un ramo, il deperimento è più graduale, poiché il fungo deve risalire i vasi legnosi controcorrente, richiedendo più tempo per raggiungere il sistema radicale.

Come verificare l’infezione della grafiosi

Per confermare la presenza del fungo, si può tagliare un ramo malato. All’interno, si noteranno delle striature scure nei vasi legnosi, causate dalla formazione di tille e dalla deposizione di gomme e composti fenolici in risposta all’infezione fungina.

Le tille sono una formazione molto curiosa, potremmo definirle estroflessione, in forma di vescichetta, di alcune cellule del parenchima legnoso nella cavità di un vaso adiacente. Ciò risulta nell’occlusione dello xilema, nel tentativo da parte della pianta di compartimentare e isolare il problema in una zona definita, pur sacrificando le parti interessate.

Un po’ come quando nei film vengono chiusi i boccaporti per bloccare l’ingresso dell’acqua in seguito a rotture dello scafo… di solito c’è sempre il poveraccio di turno che rimane dall’altra parte del vetro e l’eroe che piange dall’altra.

La morte della pianta (o del ramo infetto) avviene solitamente in piena estate nei periodi caldi, mentre in primavera anche i rami infetti riescono a vegetare.

La malattia è veicolata principalmente da coleotteri scolitidi del genere Scolytus a vita sottocorticale i quali veicolano spore del fungo da una pianta malata ad una sana.

Secondo vettore della malattia è l’attività dei potatori che non conoscono il patogeno: in questo caso le spore del fungo vengono veicolate tramite gli attrezzi di lavoro.

Cura contro la grafiosi dell’Olmo

Purtroppo i metodi di contenimento della malattia non sono efficaci e si limitano a sistemi preventivi che evitino l’infezione oppure la riconoscano velocemente per potere eliminare la pianta infetta.

Va detto che gli scolitidi sono tipici “tarli” dell’olmo in debolezza linfatica e perciò ogni fattore che aiuti l’albero a essere in buon tono linfatico tiene lontano l’insetto.

Sulle piante infette che mostrano limitate porzioni di chioma appassita il taglio molto al di sotto della zona di legno imbrunita potrebbe (con il condizionale!) asportare la parte infetta, ma nessuno può dare garanzie in merito anche perché nel momento della recisione della parte morta si va ad aprire una nuova grossa ferita nel legno dell’albero.

Solo nel caso in cui l’infezione non abbia compromesso più di un terzo della chioma, è possibile intervenire asportando tutto il legno sintomatico, estendendo il taglio almeno un metro al di sotto della zona con alterazioni cromatiche.
In un filare infetto, la rapida progressione della malattia rende indispensabile l’abbattimento immediato di tutti gli individui sintomatici al fine di prevenire la diffusione dell’infezione per via radicale.

Per le nuove piantagioni esiste la possibilità di ricorrere alle specie esotiche resistenti quali: olmo di Wilson (U. wilsoniana), olmo cinese (U. parvifolia), olmo siberiano (U. pumila).

Le specie asiatiche, convivendo da sempre con questa malattia, hanno sviluppato un certo grado di resistenza.

La storia della grafiosi dell’Olmo

La storia della grafiosi dell’olmo ha avuto inizio dall’Asia, questa malattia fungina è stata introdotta accidentalmente in Europa, America e Nuova Zelanda, dove ha trovato terreno fertile in popolazioni di olmi del tutto indifese. Scoperta e descritta nei Paesi Bassi (da qua l’origine del nome “malattia dell’olmo olandese”) nel 1921, la grafiosi ha subito un’accelerazione con l’arrivo di un ceppo più aggressivo negli anni ’60. Questo nuovo patogeno, diffondendosi rapidamente attraverso il continente, ha causato la morte di milioni di olmi, trasformando interi paesaggi. Si ritiene che la sua introduzione in Europa sia avvenuta tramite importazioni di legname dal Nord America.

I dati sono implacabili: in Gran Bretagna, tra gli anni ’70 e ’90, si è assistito a una riduzione del 85% della popolazione di olmi. A Edimburgo, il numero è crollato da 35.000 a 5.000 esemplari in pochi decenni. Anche a Parigi, la situazione è stata drammatica, con una perdita di oltre il 90% degli olmi. Fortunatamente, grazie a politiche di gestione più attente e all’introduzione di cultivar resistenti, come l’olmo “Nanguen”, si stanno osservando segnali di ripresa in alcune aree.

Il “declino dell’olmo”

I pollini fossili custodiscono un segreto: l’improvviso declino degli olmi in Europa, avvenuto in due fasi principali, intorno al 4000 e al 1000 a.C. A lungo si è creduto che l’uomo, con la sua ascia e il suo aratro, fosse il principale responsabile di questa scomparsa. Tuttavia, le recenti scoperte sull’origine della grafiosi dell’olmo hanno aperto una nuova prospettiva. L’analisi di antichi reperti legnosi e di insetti fossili suggerisce che una malattia simile potrebbe aver colpito gli olmi già nel Neolitico, indebolendoli e rendendoli più vulnerabili alle pressioni antropiche.

Oggi si pensa che probabilmente il declino dell’olmo sia stato probabilmente determinato da entrambi i fattori.

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