Aristolochia gigantea: un curioso rampicante sempreverde
Qualche giorno fa stavo leggendo di alcune ricerche condotte su Aristolochia gigantea e in particolare dei processi di impollinazione che interessano le piante appartenenti a questo genere. Non sempre si risolve tutto nella maniera più lineare del tipo ‘ape, fiore, impollinazione’: il mondo delle piante è vasto e spesso vi ritroviamo peculiari sistemi atti a garantire la riproduzione, come nel caso di Aristolochia, che ‘imprigiona’ gli insetti responsabili dell’impollinazione per poi rilasciarli ad opera compiuta.
TROVI QUI LA PIANTA DI ARISTOLOCHIA GIGANTEA
Oltre a questo particolare processo, che merita una breve trattazione, Aristolochia è un rampicante apprezzato per decorare ringhiere, berceau e reti divisorie, piuttosto semplice da curare una volta inquadrato l’intervallo di temperature alla quale può resistere.
ETIMOLOGIA
Il genere Aristolochia deve il nome alla composizione delle parole greche áristos, ‘migliore’, e lochèia, cioè ‘utero/parto’. La pianta, largamente utilizzata nella medicina antica, era ritenuta efficace per trattare dolori e infezioni legati al parto. Al paragrafo dedicato vedremo come sia oggi considerata una pianta molto tossica se non addirittura letale. Secondo Cicerone invece porta il nome del suo scopritore (cfr. De divinatione 1.10.16).
TASSONOMIA
Ci troviamo all’interno delle Aristolochiaceae, famiglia botanica comprendente sette generi e circa 400 specie di piante, la maggior parte delle quali appartenenti al genere Aristolochia.
DESCRIZIONE
Il genere Aristolochia include piante rampicanti sia sempreverdi che decidue, molte delle quali provenienti da boschi umidi di regioni tropicali e temperate di entrambi gli emisferi.
Presentano foglie intere o lobate, spesso cuoriformi. I fiori, privi di petali, presentano un calice tipicamente a forma di S (tanto da far meritare a queste piante il nome volgare di Dutchman’s Pipe) e il lobo frontale del fiore presenta motivi venati con tinte che spaziano dal viola, al giallo, al marrone.
HABITAT
A. gigantea è originaria di Panama.
CURA E COLTIVAZIONE
Temperature
A. gigantea può crescere all’esterno in climi con inverni miti e privi di gelate. Può scendere sotto i 10°C ma si defoglia; oltre gli 0°C la pianta muore.
Esposizione
Ama le posizioni soleggiate e non disdegna qualche ora di ombra nelle aree più assolate o nelle ore centrali delle giornate estive.
Innaffiature
Se coltivata in giardino va bagnata con regolarità durante la stagione estiva in modo che il terreno non asciughi completamente facendo attenzione che non risulti mai zuppo. Non ama molto i terreni asciutti che sono da evitare .
Substrato
Assicurarsi che il terreno sia drenante e moderatamente fertile. Se coltivata in giardino è possibile alleggerire eventuali terreni pesanti miscelandoli quanto basta con substrati di qualità o materiali inerti grossolani.
Concimazione
In aiuola e in vaso si può utilizzare un concime a lenta cessione applicato a marzo giugno settembre, per arbusti da fiore come questo.
Potatura
Se necessario intervenire in tardo inverno o inizio primavera con la potatura dei tralci al fine di mondare la pianta o gestirne la crescita.
Propagazione
Per seme e per talea.
TOSSICITA’
Sebbene largamente utilizzata come pianta medicinale fin dall’antichità, recenti studi hanno individuato nell’acido aristolochico un principio cancerogeno; ciò ha limitato (e in molti casi bandito) l’utilizzo di questa pianta nelle preparazioni medicali.
MIMESI CHIMICA E TRAPPOLE
Un tratto comune alle specie del genere Aristolochia è quello inerente ai processi di impollinazione, legati strettamente alla forma del loro fiore, privo di petali ma dotato di una livrea e di una morfologia piuttosto unici. Ricordano un po’ gli ascidi (trappole) di alcune piante carnivore come Nepenthes: l’obiettivo non è però quello di mangiare gli insetti ma quello di sequestrarli e sfruttarli per l’impollinazione.
Mimesi chimica: fingere l’odore di qualcos’altro
Le piante del genere Aristolochia sono note per emanare dai loro fiori un aroma di carne in putrefazione, in grado di attirare le mosche (sapromiofilia) e servirsene per portare a termine l’impollinazione utilizzando le stesse come insetti pronubi. Sembra che A. gigantea differisca dalle altre specie del genere per l’emissione di un profumo più gradevole, di citronella, cosa che ha sorpreso gli studiosi per via della nota proprietà repellente che essa ha nei confronti di molti insetti. In questo caso è probabile che l’intento sia quello di attirare altri tipi di insetto, come le api. Nonci occuperemo di questo aspetto ma se voleste approfondire il tema vi consiglio la lettura di una interessante ricerca che linko qui.
Il fiore è privo di petali (quindi non abbiamo la tipica corolla) ma i tre sepali sono fusi insieme nel perianzio a creare questo utricolo, un sacco con fondo cieco dotato di un collo d’ingresso aperto nel mezzo dei lobi frontali. Questi ultimi sono davvero appariscenti nei colori e nelle screziature, andando a sostituire egregiamente la funzione vessillare dei petali, qui assenti. In aggiunta, questo fiore può contare anche sulle già citate capacità di emettere aromi attrattivi per alcuni insetti pronubi.
Caratteristiche del fiore
Il fiore è zigomorfo cioè divisibile in due metà speculari secondo un solo piano di simmetria, cosa piuttosto ricorrente nei fiori di orchidea. Si tratta di fiori ermafroditi, ovvero portanti sia gli organi sessuali maschili (stami) che quelli femminili (pistilli). Altra particolarità del fiore di Aristolochia è quella di presentare questi organi fusi in un’unica struttura: l’androceo (insieme degli stami) e il gineceo (insieme dei pistilli) si trovano infatti uniti in un organo detto ginostegio.
Un curioso caso di proteroginia
Ecco i 4 capitoli di questo mini-thriller a lieto fine che ha come protagonista l’Aristolochia.
Può accadere che, nei fiori ermafroditi, organi maschili e femminili non maturino contestualmente ma in maniera sfasata. Nel caso di Aristolochia tocca prima a quelli femminili ed è poi la volta delle antere che contengono il polline. Si parla in questo caso di proteroginia ma ci sono specie di piante che hanno un processo esattamente contrario (si parla quindi di proterandria).
1. Fase preantetica
Le prime fasi della formazione del fiore precedono l’antesi (fase in cui il fiore è completamente funzionale) e sono evidenti nella formazione iniziale dell’utricolo che da posizione eretta passa ‘a testa in giù’. Questa fase è ben illustrata in questa ricerca. Si parla tecnicamente di resupinazione preantetica del fiore e acquisizione della curvatura del perianzio. La fase termina con il completamento del fiore, il quale non è ancora ‘sbocciato’ e i due lobi frontali sono chiusi e saldati tra loro, come nella figura sottostante.
2. Fase femminile
Il fiore si apre separando i lobi frontali. Gli insetti, attirati dai colori sgargianti dei sepali e dal profumo emanato, si precipitano verso l’imbocco del canale che porta all’interno dell’utricolo. L’ingresso è reso ben evidente da colori vivaci, come si nota nella figura sottostante.
In un primo momento dell’antesi pare che il profuno non sia così intenso ma va presto ad affermarsi. All’interno del fiore i tessuti si specializzano per emettere nettare e colorarsi con maculature molto appariscenti. Nel collo dell’utricolo si formano dei tricomi che fungono da peli di guardia: sebbene permettano l’ingresso e la discesa ai visitatori, ne impediscono la fuoriuscita, intrappolandoli nell’utricolo.
L’insetto (che si spera abbia addosso il polline di un altro fiore di Aristolochia) resterà sequestrato nel fiore, libero di cibarsi del nettare prodotto ma, ben più importante, libero di entrare in contatto con gli stigmi (parti superiori dei pistilli, sui quali il polline si deve depositare per fertilizzare gli ovuli). Gli stigmi (o stimmi) in questa fase ‘femminile’, che dura circa un giorno, sono aperti, umidi, turgidi e pienamente recettivi al polline.
3. Fase maschile
Nel secondo giorno dall’apertura volge al termine la fase femminile: la scommessa della pianta è che l’impollinazione sia avvenuta. Le parti femminili si rattrappiscono e si richiudono mentre maturano le antere (le teche nelle quali è racchiuso il polline). Nel frattempo l’insetto è tenuto ancora in trappola ma Aristolochia non ha la minima idea di lasciarlo andare, per il momento: ha ancora un compito per lui.
Le antere si aprono, liberando il polline nella cavità utricolare: questo entra in contatto con l’insetto che se ne ricopre. A questo punto anche la fase maschile è compiuta e non resta che liberare l’ospite affinché porti il prezioso polline entro un altro fiore in fase femminile, impollinandolo.
Al fine di liberare l’insetto, il fiore attua una regressione dei tricomi che si piegano verso l’alto e avvizziscono, rendendo libera la strada all’ospite che può risalire dal canale per il quale era entrato.
4. Senescenza
Dopo due giorni dall’inizio dell’antesi il fiore inizia la sua fase di senescenza: i sepali iniziano a divenire flaccidi fino al disseccamento e alla separazione dalla pianta; l’ovario inizierà a rigonfiarsi e a maturare i semi conseguenti all’avvenuta impollinazione degli ovuli.
La storia finisce qua e spero che sia stata interessante da leggere! Ci vediamo la prossima settimana per un nuovo argomento, non mancate di scrivermi nei commenti 😉
Un abbraccio a tutto il #clangeorgici!
Commenti
Io ho l’aristolochia,ma nn sapevo tutte queste cose,anzi ..x la verità quando l’ho comprata,era alla fine di un vivaio,mezza morta,con qualche foglia ingiallita e piccola,mi ha fatto pena e l’ho presa,ho chiesto informazioni x curarla,ma nessuno mi ha saputo dire,nn so come ho fatto,ma si è ingrandita,fortificata rinverdita,x i primi boccioli,ho avuto anche paura,tutti venati sembravano capillari,su un tessuto chiaro come pelle, insomma inquietante,nn conoscendo né la pianta né la provenienza,l’ho spostata in varie zone dei balconi x capire la sua preferenza,sole diretto fino alle 13,nn va bene,luce ma in posto d’ombra,ora è magnifica piena di foglie rampicanti,ma l’ultima fioritira è dell’anno passato,ora vediamo se anche quest’anno fiorisce
Ciao Eleonora, sembra davvero una pianta aliena e un po’ inquietante è vero 🙂 Comunque spesso, finché resta in vaso di coltivazione, regredisce un poco dopo le fioriture fino a divenire un po’ bruttina ma è molro gagliarda come pianta e in poco tempo si rinvigorisce.
Chiedo aiuto! La mia aristolochia gigante sta morendo. Da una piccolissima talea,15/18 anni fa,era diventata una rampicante magnifica che produceva decine e decine di fiori magnifici per tutta l’estate.La pianta si trova in Calabria in Un cortile di una casa al mare !D’inverno perde le foglie,ma tutte le estati la ritrovo più bella di come la lascio( la casa è utilizzata solo per tre mesi in estate)!. Quest’anno l’ho ritrovata secca per la maggior parte e le poche parti ancora verdi sembrano soffrire…come posso aiutarla a riprendersi?
Ciao Isa, che peccato! mi è molto difficile risalire ad una diagnosi corretta da questi sintomi piuttosto aspecifici. Se escludiamo la presenza di parassiti visibili potremmo ipotizzare un problema alle radici o siccità. Proverei comunque a mondare tutta la pianta dalle parti secche e vediamo se risponde con la produzione di vegetazione nuova sulle parti verdi, vorrebbe dire che forse c’è speranza