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Cura delle piante

Le piante purificano l’aria delle nostre case?

Questo tema merita un approfondimento alla luce delle obiezioni che recentemente sono state mosse circa l’interpretazione dei dati provenienti da uno studio portato avanti dalla NASA (l’ente spaziale americano) durante gli anni ’80 e del quale ho parlato in un precedente post di qualche anno fa.

L’esperimento fu condotto al fine di capire se le piante potessero avere un potenziale nel limitare la presenza di composti organici volatili tossici, i cosiddetti VOCs o volatile organic compounds), come possono essere il benzene o la formaldeide (immagino ci fosse l’interesse nell’estendere eventuali risultati positivi all’ambito aerospaziale). I VOCs, comunemente presenti negli spazi domestici e lavorativi, sembrano essere coinvolti in problematiche di salute con sintomi aspecifici note come sick building syndrome (SBS) o Sindrome dell’edificio malato (per approfondire): irritazioni, arrossamenti, malesseri, che talvolta colpiscono le persone dopo la permanenza all’interno degli edifici.

L’esperimento NASA sulle piante, in breve

Sono state testate una dozzina di piante (tra le quali: Aglaonema, Sansevieria, Dracaena, Edera, Spatifillo e altre comuni piante d’appartamento) piazzate per 24 ore in piccole camere stagne di plexiglas nelle quali venivano immessi gli inquinanti: formaldeide, tricloroetilene (TCE) e benzene.

Dopo 24 ore le misurazioni hanno fornito dei risultati apparentemente interessanti (si vedano le tabelle qui sotto) in particolare su concentrazioni iniziali di VOCs simili a quelle potenzialmente riscontrabili negli ambienti chiusi come case e uffici.

Tabelle della NASA

I dati mostrano abbattimenti variabili, in funzione della pianta utilizzata, compresi tra il 50% e il 90% per il benzene e tra il 9% e il 23% per il TCE.

La nascita del mito: piante come depuratori d’aria

L’autorevolezza di una una fonte come NASA e l’eclatante risultato emerso hanno portato i media a riferire con enfasi queste informazioni, spesso trascurando alcuni dettagli fondamentali, e in poco tempo si sono moltiplicati gli articoli che eleggevano a ‘piante depuratrici’ le specie e le varietà impiegate nei test dell’agenzia spaziale.

Dopo anni di entusiastica fede nei risultati sopra esposti sono stati condotti altri esperimenti in tal senso, senza però giungere nemmeno lontanamente alle medesime conclusioni che i test della NASA suggerivano. Questo non perché i suddetti test fossero stati condotti male ma semplicemente perché i mezzi di informazione preferirono la ‘notizia bomba’ alla corretta contestualizzazione dei dati.

Critiche alle interpretazioni dei risultati NASA

Ci sono diverse puntualizzazioni infatti che non possono essere escluse da un’obiettiva analisi dei risultati emersi dai test della NASA. Ecco quali secondo me meritano una particolare attenzione:

  1. Le dodici piante impiegate nei test NON sono (come spesso si legge) le piante in grado di depurare l’aria dagli inquinanti: sono solo quelle che la NASA ha arbitrariamente scelto di utilizzare in maniera casuale. Non c’è stata una particolare scelta a monte (ad esempio perché in queste specie si riconosceva già una certa capacità ‘depurante’ alla luce di studi pregressi). Potenzialmente, potremmo riscontrare gli stessi risultati (o addirittura migliori) utilizzando un Filodendro o una Strelitziachi lo sa?
  2. Guardando alle tabelle sopra si nota che nell’ultima riga è riportata l’efficacia nell’abbattimento dei VOCs da parte di un vaso di terra vuoto, senza pianta: in termini di benzene e TCE rispettivamente il 20% e il 9.2%. Un dato molto interessante (ci dice che l’attività microbica del terreno ha un grande ruolo nel sequestro dei composti organici volatili in esame) che andrebbe però messo a decurtazione delle percentuali imputate alle piante, testate nelle camere stagne insieme al vaso di terra che ne ospitava le radici.
  3. L’ambiente di test era troppo limitato per poter supporre che la stessa efficacia nell’azione depuratrice si potesse automaticamente traslare ad un ambiente reale: le camere stagne nelle quali i test sono stati eseguiti misuravano 0,44 e 0,88 metri cubi (praticamente delle scatole), volumi ben diversi da quelli di una stanza di casa o di un ufficio dove infatti non si sono replicati gli stessi risultati.
  4. Diversamene da ciò che accade in un ambiente reale, i composti volatili sono stati inseriti nelle camere di prova solo all’inizio del test. Quello che accade in un ufficio o in un salotto invece è ben diverso: la produzione e l’immissione nell’aria di questi composti è continua e non puntuale.
  5. Si legge spesso che le piante possono abbattere il 90% degli inquinanti ma questa percentuale è emersa su un solo test (Edera e benzene), con tutti i limiti nell’interpretazione del dato esposti nei punti precedenti. Esistono centinaia di composti volatili dannosi che non sono stati testati e quindi questa conclusione è del tutto infondata. Anche in questo caso è stato fatto cherry picking prendendo il dato più sorprendente e generalizzandolo a tutte le piante e a tutti i composti volatili tossici.

Il tema dei filtri a carbone attivo

Concludo l’analisi del test NASA con una coppia di grafici che illustrano come le piante testate siano state in grado di azzerare o quasi la presenza di VOCs (benzene e TCE) in ambiente di test e in sole 2 ore!

NASA: piante e carbone attivo

Leggendo attentamente l’articolo (ma anche solo le didascalie) emerge invece che questo test è stato condotto utilizzando delle piante inserite su un substrato di carboni attivi e inserite in un dispositivo dotato di una ventola per forzare l’ingresso dell’aria nel sistema, permettendo all’apparato pianta-carbone di processare un volume enormemente maggiore di aria nella stessa unità di tempo.

NASA apparato di una pianta carbone

Un test che reputo assolutamente interessante perché la quantità di aria processata autonomamente dai tessuti di una pianta è bassissima se paragonata a quella coinvolta, a parità di tempo, nel respiro umano o nel fuzionamente di un motore endotermico. Come ho spiegato nell’articolo ‘le piante in camera da letto fanno male?quando parliamo di piante le quantità in gioco sono ordini di grandezza inferiori a quelle che saremmo portati ad immaginare.

Il test è comunque molto interessante: i carboni attivi bloccano i composti organici volatili al loro interno e le piante li assorbono e li metabolizzano impedendone la reimmissione nell’atmosfera. Le piante quindi non hanno un ruolo di filtro in questo caso ma di ‘smaltimento’, portato avanti in prima istanza dall’azione di assorbimento dell’apparato radicale. Non centrano le foglie e la loro capacità di assorbire inquinanti volatili e non si può quindi dire che il merito di sequestrarli all’aria sia da attribuire a loro.

Studi recenti sulle piante che purificano l’aria

Negli anni si sono susseguiti numerosi studi circa il potere purificante delle piante nei confronti dei composti organici volatili, potenzialmente tossici per la salute. Quello che oggi ci è dato di sapere, alla luce di indagini rigorose, è che la presenza delle piante in un ambiente chiuso, domestico o lavorativo, non è in grado di migliorare in maniera percettibile la qualità dell’aria.

Sono le conclusioni raggiunte da uno studio pubblicato da Nature sul Journal of Exposure Science & Environmental Epidemiology che ha preso in esame 12 studi precedenti eseguiti con l’utilizzo di camere stagne di dimensioni limitate (come quelle impiegate nel test NASA) e i relativi 196 risultati sperimentali. Processando questi dati i ricercatori sono riusciti a stibilire che mediamente una pianta d’appartamento può erogare una quantità d’aria pulita di 0,0023 metri cubi all’ora. Dico ‘mediamente’ perché questo numero varia di molto (addirittura di ordini di grandezza) in funzione della pianta e dell’esperimento condotto. In conclusione: considerando che in un edificio lo scambio naturale di aria con l’esterno è di circa 1 m3/h sarebbero necessarie dalle 10 alle 1.000 piante per metro quadrato di superficie al fine di ottenere un tasso di rimozione dei VOCs paragonabile a quello che il normale ricambio di aria tra interno ed esterno già fornisce in un comune edificio.

Le nostre case sono piuttosto permeabili e l’aria fluisce costantemente dall’esterno. Ciò riduce i livelli di VOCs in modo molto più efficace rispetto alle piante.

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