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Botanica e agronomia

Ultimamente sembra costante il grido d’aiuto che il pianeta Terra ci sta lanciando.

Piegato dal cambiamento climatico, dallo sfruttamento improprio delle risorse, dall’incuria nei suoi confronti, sembra passare una fase critica. Una di quelle che va ben oltre ciò che l’uomo abbia mai potuto vedere.

Soprattutto perché, purtroppo, tutto ciò avviene proprio a causa dell’uomo stesso.

L’avrete sentito ripetere centinaia e centinaia di volte, sui social, in televisione e su ogni mezzo che possa portare una voce: il rischio ambientale è enorme e reale.

È un argomento estremamente serio che, anche se esula da quelle che sono le nostre normali tematiche, non possiamo fare a meno di prendere a cuore, in quanto non solo si parla di preservare l’ambiente ma anche del futuro di tutti noi.

Andiamo quindi a vedere uno dei fatti più rilevanti e, soprattutto, cerchiamo di capire il suo contesto e cosa potrebbe comportare. Forse rendendoci conto dell’impatto che certe situazioni hanno sulle nostre vite percepiremo anche in modo più concreto qual è il pericolo a cui corriamo incontro.

 

LA FORESTA AMAZZONICA

La notizia più recente giunta alle cronache riguarda proprio questa famosissima foresta.

Tutti sicuramente conosciamo la Foresta Amazzonica almeno per “sentito dire”.

Magari la immaginiamo come un posto paradisiaco, verde, pieno di uccellini pronti a cinguettare ad ogni ora del giorno e con fiori coloratissimi che non avevamo mai visto prima.

Ed in effetti una parte di ragione in tutto questo c’è, però andiamo oltre alla fantasia, infondo in questo articolo è meglio stare ben attenti alla realtà.

Cos’è davvero? La Foresta Amazzonica è il grande polmone verde della Terra, e dicendo “grande” non esageriamo di certo, infatti occupa circa 5,5 milioni km2, circa 200 volte l’Italia. Ha una biodiversità invidiabile, si stima infatti che all’interno vi vivano circa 2.5 milioni di specie di insetti, 3.000 specie di pesci, 1.294 specie di uccelli, 427 specie di mammiferi, 378 specie di anfibi e 378 specie di rettili. Senza poi contare le circa 60.000 specie di piante. Cos’altro? Ah sì, un numero fra le 96.669 e 12.843 specie di invertebrati.

 

DISBOSCAMENTO

È risaputo il grande problema del disboscamento, non è infatti un mistero che dagli anni ’40 la foresta ha subito grandi mutazioni a causa della vendita del suo legname e alla necessità di fare spazio per gli allevamenti. La situazione su quel fronte è, in linea di massima, migliorata grazie ad alcune norme entrate in vigore dal 2004, ma tutto ciò non è assolutamente sufficiente. Anche perché il disboscamento non avviene con grandi motoseghe o chissà quali tecnologie avanzate, ma con l’arma più antica di cui l’uomo dispone: il fuoco.

Non sembra incredibile? Nel 2019 ancora viene utilizzato, per la maggior parte, un mezzo tanto instabile, incontrollabile e dannoso!

 

OSSIGENO

Abbiamo già parlato di questa questione durante l’articolo della fotosintesi clorofilliana, ma ve lo riproponiamo vista l’importanza.

La Foresta Amazzonica (come tutte le foreste) svolge un ingente lavoro nell’assorbire anidride carbonica e, al contempo, rilasciare ossigeno. I suoi acri e acri di alberi, cespugli e arbusti sono costantemente al lavoro per rendere il nostro ambiente più vivibile: attraverso la luce del sole e l’acqua riescono ad avviare la fotosintesi clorofilliana che assorbe la dannosa anidride carbonica rilasciando poi proprio il prezioso ossigeno.

Se la luce non è un problema lo è l’acqua, la quale deve arrivare, sotto-forma di pioggia, fino alla foresta. Questo è possibile grazie al microclima che la foresta fa funzionare, infatti essendo così grande, riesce a crearsi dal vapore acqueo (attraverso l’evaporazione da piante, terreno e fauna), il quale poi condensa formando delle nuvole che, a loro volta, danno origine alle piogge che bagnano la foresta, permettendo al circolo di continuare.

Adesso però, da questo funzionale meccanismo, è stato tolto il 15% dei componenti a causa dei disboscamenti. La domanda qua nasce spontanea: cosa succede quando da un meccanismo vengono eliminati alcuni ingranaggi, secondo le stime circa il 25-40%? Beh, purtroppo niente di buono.

Il meccanismo non funzionerà più e finirà per danneggiarsi, ed ecco ciò che sta succedendo. A forza di diboscare parti della foresta, lei non è più in grado di far funzionare l’equilibrio che la sostiene.

 

L’OSSIGENO PRODOTTO DALLA FORESTA AMAZZONICA

Nonostante quanto detto prima la Foresta Amazzonica non riesce più a contribuire alla produzione di grandi livelli d’ossigeno. Era così un tempo, ma a causa dell’ecosistema gravemente leso i livelli di produzione di ossigeno si stanno allineando con quelli di produzione dell’anidride carbonica.

State tranquilli però, non rischieremo di soffocare, o almeno non nel breve termine.

La maggior parte dell’ossigeno (50-70%) è prodotto dalla fotosintesi delle alghe negli oceani, ve lo immaginavate? La restante produzione è invece portata avanti dalle praterie, dai campi e dalle altre foreste.

 

QUALI SARANNO LE CONSEGUENZE?

Bene, abbiamo visto un po’ i per cosa e per come, ma andiamo a vedere le conseguenze.

Il primo punto è segnato dalle altissime emissioni di CO2, che causeranno una degenerazione sempre più avanzata del disastro climatico. Il secondo punto di vista deriva invece dall’innalzamento della temperatura locale che porterà la foresta a rischio di diventare una Savana.

Senza contare che il ritorno alla Savana (eh sì, la foresta Amazzonica, circa 55 milioni di anni fa, era una Savana) metterà in pericolo tutte le specie animali e botaniche che oggi lì prosperano, fra le quali piante medicinali basilari per la creazione di alcuni farmaci di uso comune.

 

È TUTTO NUOVO?

Questa è un’altra domanda che è naturale porsi: ogni giorno ormai sentiamo parlare di incendi e quasi sembra che sia una new entry di quest’anno, ma è realmente così? La risposta è no. L’attenzione data dai media è proporzionale alla crescente preoccupazione e sensibilizzazione verso l’argomento. Infatti, il fenomeno degli incendi, purtroppo, è tutt’altro che nuovo.

Sicuramente l’attenzione attirata dalla Foresta Amazzonica in fiamme ha richiamato anche chi non aveva mai mostrato interesse, verso una sensazione di urgenza e sensibilizzazione nei confronti dell’ambientalismo. Bisogna essere ben coscienti che la Foresta però è solo una delle tante cose in pericolo. Una volta accettato l’impegno con l’ambiente si spera in un effetto a catena che vada a risollevare le condizioni planetarie, non unicamente quelle di un singolo posto, per quanto quel singolo posto possa essere importante.

 

COSA POSSIAMO FARE NOI?

Sì, alla fine è proprio questo il punto. Compresa la situazione nella quale ci troviamo dobbiamo lasciare da parte il pensiero “va bene, ma cosa posso farci?”. Naturalmente nessuno si aspetta che vi arruoliate fra i vigili del fuoco brasiliani per andare a combattere le fiamme in prima linea, ma qualcosa, comunque, la si può anche fare.

Purtroppo, la causa scatenante della necessità di disboscare la foresta è liberare posto per gli allevamenti. La carne poi ricavata da essi viene, in gran parte, esportata verso Europa e USA. L’Italia in particolare si colloca fra uno dei principali importatori. Inoltre, anche molti animali che vengono allevati in Italia sono sfamati con la soia importata dal Brasile, andando ad incrementare ancora di più il problema.

Di conseguenza sarebbe davvero buona norma cominciare a consumare prodotti in modo responsabile, cercando di capire qual è la loro provenienza e qual è l’impatto ambientale che causano.

Non dimentichiamo anche i sempreverdi consigli dettati soprattutto dal buonsenso e dalla civiltà, sono sempre ottime norme. Curare l’ambiente che ci circonda è il primo passo che tutti possiamo compiere quotidianamente.

 

COSA VA PER IL VERSO GIUSTO?

Perché fare un bollettino nero non ha senso senza vedere della luce in fondo. Qualcosa comunque si sta muovendo, soprattutto grazie ad alcuni paesi come Cina e India che, andando contro corrente, stanno riforestando i loro territori. Grazie a quest’azione il nostro pianeta sta diventando un po’ più verde e si sta allontanando dal terribile rischio della desertificazione planetaria.

 

Abbiamo parlato della Foresta Amazzonica perché, ad oggi, è il maggiore punto d’interesse, ma gli incendi sono ben più diffusi: Gran Canaria ha perso oltre 1.000 ettari di zone verdi, la Siberia brucia a tal punto da far giungere il fumo fino in America. Insieme a questi grandi incendi anche Groenlandia, Alaska (con la perdita di circa 700.000 ettari di foreste boreali) e Canada (45.500 ettari) hanno le loro fiamme da domare.

Sicuramente le cause di tutti questi incendi sono molteplici ma fra le più ricorrenti troviamo il cambiamento climatico, il disboscamento e la mano umana. Teniamo anche conto che gli incendi dei paesi artici comportano l’innalzamento del clima e la conseguente velocizzazione nello sciogliersi dei ghiacciai, si stima che più o meno ci sia stato lo scioglimento di 197 miliardi di tonnellate di ghiaccio, insomma, numeri -e conseguenze- davvero da paura.

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